Infertilità nell’uomo

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Con il termine infertilità maschile si definisce, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’incapacità a ottenere gravidanza di una donna fertile dopo almeno dodici mesi di attività sessuale regolare e non protetta da alcun metodo anticoncezionale.

La fertilità di una coppia dipende potenziale dalla efficienza degli organi riproduttivi di entrambi i componenti della coppia. La diagnosi di infertilità maschile deve pertanto tener conto delle condizioni di fecondità della donna

Incidenza

La popolazione maschile infertile comprende in maggioranza soggetti, definiti subfertili, con una ridotta capacità di fecondare, ma per i quali non è possibile escludere l’eventualità di un concepimento naturale. Un secondo gruppo di soggetti infertili, meno numeroso, comprende i pazienti affetti da gravi alterazioni della funzione riproduttiva, quali l’assenza completa di spermatozoi (azoospermia), che impediscono il concepimento naturale.

La specie umana non è particolarmente fertile, confrontata con altre specie animali: è stato calcolato che solo il 20% delle coppie con regolare attività sessuale (2-3 rapporti non protetti per settimana) raggiunge il concepimento entro il primo mese di tentativi, mentre il restante 80% delle coppie abbia gravidanza in un periodo compreso fra due e dodici mesi.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che, nei paesi industrializzati, il 15-20% delle coppie sia affetto da problemi di infertilità. Secondo i dati riportati dal Registro Italiano della Procreazione Medicalmente Assistita, una causa esclusivamente maschile è presente nel 30% delle coppie che non procreano, mentre in un ulteriore 20% dei casi l’infertilità è legata alla concomitante presenza di fattore maschile e femminile. Vista la prevalenza di almeno il 50% di una causa relativa al maschio nella infertilità di coppia, sarebbe logico aspettarsi che almeno il 50% delle richieste di consulenza specialistica venisse rivolto all’andrologo, vale a dire allo specialista che studia la funzione riproduttiva maschile. In realtà, per motivi di ordine culturale, la valutazione maschile nell’ambito di una coppia infertile è ancora oggi spesso trascurata, o quantomeno effettuata in ritardo.

Il tema dell’infertilità maschile, e in particolare il sospetto di un declino progressivo della fertilità nella popolazione maschile dell’ultimo cinquantennio, hanno acceso un lungo dibattito scientifico, avviatosi nel 1992 a seguito di uno studio pubblicato su una prestigiosa rivista inglese. Tale indagine, condotta riesaminando i dati sulla qualità dello sperma di 15000 maschi normali dal 1930 al 1990, rilevò un significativo declino della fertilità maschile in termini di numero di spermatozoi, che è risultato dimezzato nel corso di cinquanta anni. Per quanto controversi, e oggetto di numerose obiezioni, i dati dello studio indicano che il progressivo diffondersi di sostanze che contaminano l’ambiente, caratteristico delle nazioni industrializzate, condiziona in misura significativa la funzione di tessuti particolarmente sensibili, quale appunto è l’epitelio germinativo, ossia quell’insieme di cellule che, all’interno dei testicoli, assicura la produzione degli spermatozoi. Non va infine dimenticato, nel valutare le cause della crescente incidenza di infertilità di coppia nella popolazione, il progressivo innalzamento dell’età media in cui le coppie programmano il concepimento.

Bruno Giammusso
Responsabile Unità Operativa di Andrologia Urologica
Ospedale Vittorio Emanuele – Catania

Tratto da  http://www.fondazioneserono.org

Parliamo della Crioconservazione degli embrioni.

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La crioconservazione degli embrioni è una procedura che consente di conservare gli embrioni per utilizzarli in un secondo momento ed è una parte specifica dei trattamenti di riproduzione assistita. Possono usufruire del congelamento sia le coppie che non abbiano ottenuto risultati nel primo ciclo sia quelle che, avendo conseguito la gravidanza, desiderino tentar una seconda gestazione.

Durante i cicli di FIV, si esegue dopo il trasferimento embrionale per conservare gli embrioni in eccesso o nel caso non sia possibile procedere al trasferimento per motivi diversi (controindicazioni mediche, etc.), conservando tutti gli embrioni ottenuti. Si ricorre a questa tecnica anche in specifici casi di conservazione della fertilità.

La crioconservazione degli embrioni è una tecnica consolidata sia per gli embrioni allo stadio di zigote (primo giorno di sviluppo) come allo stadio di cellule (secondo e terzo giorno  di sviluppo), pur esistendo anche l’opzione di crioconservarli allo stadio di blastocita (quinto, sesto e settimo giorno di sviluppo).

ZIGOTI

 La crioconservazione degli zigoti offre buoni risultati in termini di sopravvivenza (70% – 100%). Di norma, si utilizza nei cicli differiti di donazione degli ovociti nei quali non si sincronizza il ciclo della donatrice con quello della ricettrice. In tali casi, i tassi di gravidanza superano il 40%.

CELLULE (D+2/+3)

In un ciclo di FIV, lo stadio di cellule è il più utilizzato per la crioconservazione degli embrioni. Durante il congelamento e il decongelamento, può verificarsi la lisi di alcune o di tutte le cellule dell’embrione. Si considerano atti al trasferimento quegli embrioni nei quali sopravvive almeno il 50% delle cellule.

Il buon esito della tecnica dipenderà tanto dalla qualità degli embrioni quanto dalla sua capacità di superare il processo di crioconservazione. Il tasso medio di sopravvivenza è di circa l’80%. I tassi di gravidanza si attestano intorno al 30-35%.

BLASTOCITI

La crioconservazione dei blastociti avviene soltanto quando si prolunga la coltura in vitro degli embrioni per 5-7 giorni. Frequentemente, in questi casi non esistono molti embrioni in eccesso da congelare, poiché non tutti gli embrioni raggiungono lo stadio di blastocita (tasso di blastociti 45-50%).

La tecnica preferita in tali casi è solitamente la vetrificazione, con la quale si ottengono tassi di sopravvivenza simili a quelli ottenuti utilizzando embrioni in stadi precoci (D+2/+3). I tassi di sopravvivenza si attestano attorno al 50-80%, con tassi di gestazione superiori al 40% per trasferimento.

La prima gravidanza ottenuta tramite il trasferimento di embrioni congelati in Spagna ebbe luogo nell’Institut Universitari Dexeus, nell’anno 1987.

Dopo due decenni di esperienza nella congelazione di embrioni umani, questa tecnica ha dimostrato di non presupporre rischi di maggiore entità in termini di tasso di aborti o malformazioni.