Come rimproverare il bambino e farlo sentire amato

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E’ possibile rimproverare il bambino senza fargli dubitare del nostro amore? Sì, ed è un metodo messo a punto da uno psichiatra infantile americano. Si chiama ‘la sgridata da un minuto’ e si è rivelata valida in famiglia e a scuola.

di Nessia Laniado

Esiste un modo efficace per rimproverare un bambino e fargli cambiare atteggiamento dandogli contemporaneamente la sicurezza di sentirsi amato?

Sì, e lo ha messo a punto lo psichiatra infantile americano Gerard E. Nelson, che è riuscito a dare al rimprovero tutta la dignità di un metodo.

Si chiama The one minute scolding, la sgridata di un minuto, e si è rivelata valida in famiglia e a scuola con i “teppistelli” della classe per migliorare in modo drastico i rapporti tra bambini e adulti

È stato scientificamente provato che la capacità di attenzione di un bambino è molto breve e che ha bisogno di stimoli continui per rinnovarsi.

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Niente prediche, ricatti, accuse o punizioni. La sgridata “funziona” se:

1. È breve

La sgridata deve essere stringata, non più di un minuto, orologio alla mano. La capacità di attenzione di un bambino è molto breve e ha bisogno di stimoli continui per rinnovarsi.

Come spiega Nelson, “dopo un po’ il bambino spegne l’audio e diventa impermeabile a qualsiasi messaggio”. Ecco perché le lunghe spiegazioni e le prediche sono del tutto inutili e controproducenti.

2. È immediata

La sgridata va fatta al momento, appena il fatto è accaduto. Il bambino vive in un eterno presente ed è incapace di proiettarsi nel futuro o di risalire al passato.

Frasi del tipo: “Vedrai quando viene papà”, oppure “Questa sera niente dolce” non hanno per lui alcun senso. Non riesce a capire che ce l’abbiamo con lui per un evento già scomparso nel tempo. Così come trova inconcepibile essere puniti in differita, quando il papà torna a casa e l’atmosfera è tranquilla, per qualcosa che quasi non ricorda più.

3. Si limita a un singolo episodio

L’audio si spegne anche quando, durante un rimprovero, iniziamo a rinfacciare altri disastri: “Oggi hai risposto male alla nonna, hai picchiato tuo fratello, hai lasciato tutte le luci accese, anche prima mi hai disubbidito…” Sotterrato da una valanga di malefatte, il bambino si sente impotente: “Non gli va bene niente”, pensa, “Inutile sforzarsi”. E non solo. Se la sgridata si suddivide in rimproveri diversi, finisce che inviamo tanti messaggi, tutti deboli. Imponendoci invece di non superare il minuto, saremo costretti a puntare su un unico obiettivo, con il risultato di essere chiari ed efficaci.

4. Avviene in intimità

Biasimare un bambino di fronte ad amici o estranei è quanto mai avvilente e indebolisce il suo fragile senso di competenza. Se dobbiamo rimproverarlo, prendiamolo da parte: ci sarà grato per avergli risparmiato un’umiliazione. In molti casi, sarà anche più disposto ad accettare osservazioni che, se fatte davanti ad altre persone, sarebbero respinte.

È questo il motivo per cui molti bambini, quando sono ripresi davanti a estranei, negano spudoratamente per non fare brutte figure.

Spesso, per “vendicarsi” dell’umiliazione, volutamente diventano trasgressivi e strafottenti.

5. È rassicurante

Tutti sappiamo che arrabbiarsi con i propri figli non significa avere smesso di amarli. È vero piuttosto il contrario: ci arrabbiamo proprio perché li amiamo. Il bambino però non lo sa. Per questo, insieme alla severità, è importante manifestare contemporaneamente amore, stima e fiducia.

Tratto per voi dalla Redazione di FIV ITALIA BLOG da nostrofiglio.it

Come aumentare l’obbedienza nei bambini, per tutte le motivazioni sbagliate

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di Carey Nieuwhof

 

C’è un momento … va bene, ci sono una serie di momenti … che portano ogni genitore al limite estremo della sua pazienza.
Per quanto ho usato anche io i castighi sui miei figli quando erano piccoli, ci sono stati momenti in cui sinceramente sarei stata io a dover essere stata messa in castigo quando li ho disciplinati. In alcuni momenti sono stata senz’altro peggio di loro.
Quando si sta cercando di raggiungere qualche parvenza di controllo in casa, ogni genitore è spinto a cercare di ottenere l’obbedienza dai propri bambini.
E sapete una cosa? È possibile ottenerls abbastanza facilmente.
Io l’ho fatto.
I nostri figli raramente si sono comportati male in pubblico quando erano piccoli. Dicevano per favore e grazie. Ed erano molto ben educati.
Alcuni di voi possono ben capire la bella sensazione che questo bel comportamento può suscitare in un genitore.
L’obbedienza è qualcosa che noi possiamo volere da nostri bambini.
Ammettiamolo . Avendo dei bambini ben educati è possibile che . . .
Aumenta la nostra autostima.
Questo ci faccia ben figurare di fronte ai nostri amici e parenti.
Possa impressionare i nonni .
Riesca anche a ridurre il nostro stress.
Ci fanno sentire dei vincenti.
Ma cosa si vince ?
Riflettiamoci su. Ecco la giusta domanda: Sono loro che vincono ?
O finiamo solo  per aumentare in loro la necessità di essere accettati da noi per le loro prestazioni?

Educhiamo i nostri bambini a ben comportarsi:
per impressionare ,
per calmarli,
per far si che non si agitino,
perché non pensino di avere altre opzioni.
Lo ammetto, ci sono stati momenti in cui ho disciplinato i miei figli  per tali ragioni.
Ma poi ho capito che la motivazione era davvero superficiale ed egoista da parte mia.
Pensateci . Che cosa succederebbe a parti invertite? Che cosa succederebbe se invece di esigessimo obbedienza DAI nostri figli, volessimo obbedienza PER i nostri bambini ?
Un cambiamento nella motivazione porta l’attenzione fuori dalle esigenze del genitore e pone il focus sul migliore interesse per il bambino. Dopo tutto, i nostri bambini crescono .
Se si disciplina con la motivazione di voler obbedienza per il vostro bambino, è genitore con la fine in mente .
Vi rendete conto che un giorno (assai prossimo), non avrete più la possibilità di essere lì affianco a loro? La vostra capacità di controllo allora sarà inesistente, e i vostri figli dovranno prendere tutte le decisioni importanti da e per loro stesso conto.
Intraprendete il passaggio di visione da un “DA” a  un “PER” i vostri figli e vedrete alcune straordinarie modifiche in atto:
L’obbedienza non sarà più qualcosa che si desidera da loro per sbarazzarsi di un problema che si sta creando, ma sarà qualcosa che si desidera per loro a causa del problema che stanno causando a se stessi ed agli altri .
L’obbedienza non sarà più qualcosa che si desidera da loro per liberarsi di un problema seccante, ma sarà qualcosa che si desidera per loro per aiutarli a risolvere un problema se stessi .

L’obbedienza non sarà più qualcosa che si desidera da loro per farti guardare bene di fronte agli altri, ma sarà qualcosa che si desidera per loro per permettergli in futuro di gestire al meglio le relazioni sociali con sicurezza ed allo stesso tempo con presenza e controllo di se stessi.
L’elenco potrebbe continuare all’infinito. Ma vedete qual’è il cambiamento in questione?
Allo stesso tempo vi è chiara l’importanza  delle vostre ragioni e della vostra motivazione quando educate il vostro bambino ?
Si tratterebbe di fare una piccola modifica all’educazione di oggi, ma vi assicuro che farà una differenza enorme domani. Non solo nel rapporto con voi; ma soprattutto in loro stessi.
In realtà , si tratta di un cambiamento che influirà positivamente per il resto della loro vita.

La Redazione di FIV Italia Blog

IMPARARE A PENSARE FIN DA PICCOLI

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Perché “imparare a pensare” già a partire dalla scuola dell’infanzia o primaria quando non è ovvio neanche per i più grandi? Perché non è mai troppo presto per sviluppare la loro capacità di ragionare, pensare in modo critico e quindi cominciare ad esercitare consapevolmente il libero arbitrio.

Recentemente, Nicole Prieur, filosofo e psicoterapeuta, ha ricevuto una chiamata da una mamma: “La sua bambina, all’età di 4 anni, andava bene, ma la maestra cominciava a notare che la piccola formulava domande bizzarre. La bambina ha voluto parlare della morte. Il suo insegnante era preoccupato: aveva degli interessi morbosi?”  In realtà, la piccola si è lanciata in domande esistenziali. Dall’età di tre o quattro anni, quando comprendono che i loro compleanni si susseguono, che un albero perde i suoi fiori ogni anno o un cane può morire, i bambini cominciano a fare domande sul tempo e sulla morte: “Dov’ero quando non ero ancora nato? ” – ” Perché non posso rimanere piccola? ” – ” Dove andiamo quando moriamo? “La loro capacità di filosofare è straordinaria. Ed avviene in maniera naturale molto prima di quanto noi pensiamo.

Troppo spesso noi li diamo delle risposte affrettate nel tentativo unico di rassicurarli. Sia perché crediamo che le risposte possano essere troppo complicate per la loro età, sia perché in realtà non conosciamo neanche noi stessi. Da qui l’importanza di ascoltare le loro domande e prenderci il giusto tempo per riflettere insieme.

Prepararsi a essere sé stessi

Perché i bambini sono esclusi dalla filosofia?” Si meraviglia Oscar Brenifie, filosofoe autore, tra le altre cose, della collezione “PhiloZenfants“(Nathan). Naturalmente, tutto dipende da cosa si intende per filosofia. Ci sono, da un lato, la filosofia come materia: il sapere accademico che ci è stato elargito nelle classi più avanzate della scuola e dell’università, contenente la storia di pensatori e delle loro idee che abbiamo avuto bisogno di assimilare con difficoltà spesso tornando a rileggere i loro concetti espressi in modo molto complesso.

E dall’altra, la filosofia che consiste nel “pensare i propri pensieri“, vale a dire, la possibilità di guardare qualcosa e valutarla con chiarezza e precisione, ed essere in grado di considerare le implicazioni, definendone i limiti e incongruenze. Il pensiero che permette tra l’altro di poter sottoporre tutto a critiche e contraddizioni. “È troppo presto per far crescere dentro il coraggio di pensare per se stessi, il coraggio di parlare di sé, il coraggio di parlare con gli altri? Imparare questo a 18 anni, non è troppo tardi? “Si domanda Oscar Brenifier.

<<A 3 anni, 12 anni, 50 anni, può variare la scelta dei temi, la ricchezza del vocabolario, la complessità dell’argomento. Ma l’obiettivo resta lo stesso, permettere uno sviluppo evolutivo dell’essere attraverso la costruzione del proprio pensiero.>>

La famiglia è la prima scuola.

Secondo Oscar Brenifier, il primo luogo dove si dovrebbe praticare la filosofia è la famiglia.Non insegniamo più ai nostri figli a pensare, né dedichiamo loro un tempo per la discussione ed il confronto. La famiglia dovrebbe essere il posto dove i genitori fanno crescere momenti di interscambio con loro per sviluppare la loro libertà di espressione, di pensiero critico ed insieme anche la nostra.  <<Il nostro ruolo di genitori è quello di aiutare i bambini a costruire la loro “storia interna“, che costituisce il tessuto della loro identità e della loro libertà>> dice il dottore Philippe Presles, che ha appena pubblicato “Il volo della coscienza” (Robert Laffont, 2013). <<Lo si fa con la presenza attenta e amorevole. Con un alta disponibilità al dialogo filosofico e contribuendo a sviluppare una cultura della felicità.

La Redazione di FIV MARBELLA

Cosa possono imparare i genitori dai loro figli?

baby teacherLa maggior parte dei genitori sono molto orgogliosi di insegnare ai loro figli. Senza dubbio, i più piccoli imparano un sacco di cose da mamma e papà. Ma chi si apre davvero al proprio bambino, può apprendere più o meno allo stesso modo.

Per non tergiversare!

I bambini dicono apertamente quello che pensano. Non perdono  tempo per trovare il modo migliore per formulare le loro critiche o il loro disagio; sanno anche  confrontarsi con il loro ambiente direttamente con i loro pensieri e i loro sentimenti. Che sfida per i genitori che vorrebbero che i loro figli imparassero ad avere sempre  buone maniere ed usare il tatto!

Ora, non sarebbe certo un comportamento ideale, per un adulto, fare come i bambini e  ruggire fuori ogni nostro malessere verso il mondo. Ma sarebbe comunque meglio abituarsi ad esternare onestamente la propria vera opinione, senza tanti giri  di parole o agendo per come davvero si pensa, come fanno i più piccoli.

Perché l’usanza degli adulti spesso è quella di utilizzare,  in ogni situazione, una buona dose di eufemismo ed un atteggiamento “Politically Correct”, senza davvero sapere quando è opportuno e quando no.

La caduta non è una vergogna

C’è da dire che non avremmo mai imparato a camminare, se non fossimo caduti tante volte da piccoli, sempre rialzandoci di nuovo, dopo innumerevoli tentativi falliti. I bambini piccoli non si preoccupano molto di questo insuccesso, perché loro non “falliscono”.  Non comprendono questa parola. Essi  semplicemente “non riescono”  nel senso letterale, ma non sono dei “falliti” per questo; imparano, provano e riprovano, facendo  un sacco di errori. Ma alla fine riescono. Sempre. E poi sono pronti ad una nuova esperienza.

Ogni adulto comprende il percorso dei piccoli, e il loro modo di crescere in questo modo. Solo con se stessi, gli adulti non sono così indulgenti e comprensivi: tutto dovrebbe funzionare subito, il fallimento è un disastro e deve essere rigorosamente evitato o nascosto. Ma questo perfezionismo mascherato ha molti svantaggi: invece di essere un incentivo a tirarsi su d’animo per cercare una nuova strada più vincente, ci si addolora a causa dei fallimenti passati e ci si ritrova a sentirci schiacciati da tutti quei falsi incidenti (perché di questo si tratta), trovando così la scusa per arrendersi.

Invece bisogna imparare dai bambini a rialzarsi di nuovo.

I bambini sanno quello che gli adulti devono ancora imparare: la vita è lì per farci crescere e permetterci di  imparare; e nessuno impara senza commettere errori.

Con gli occhi aperti attraverso il mondo.

I bambini vanno per il mondo con gli occhi aperti, facendo una domanda dopo l’altra. Dopo tutto, vogliono sapere perché il cielo è blu, dove vivono le farfalle in inverno e perché i fiori hanno un odore così buono. Mentre gli adulti, nel corso del tempo, si sono abituati alla vita. Tanto che tutto diventa così scontato, così incolore.

Ma se riusciamo a rendere ogni giorno nuovo e fresco, allora il mondo avrà ancora delle sorprese per noi e la nostra vita sarà molto più ricca e colorata. Chi è aperto al suo ambiente, non finisce mai di imparare, in qualsiasi età.

Così, la prossima volta, prima di allontanarsi infastiditi quando il bambino ci fa una domanda difficile a cui rispondere, stupisciti del fatto che tu non affronti più lo stesso percorso, e condividi con lui la strada dell’esperienza. Per vedere la vita con gli occhi dei bambini, dobbiamo ricominciare semplicemente a sognare, comprendendo nella nostra vita tutte le varietà di risposte e di colori che la nostra immaginazione ci regala. Questo nuovo approccio con la realtà può aprire nuove prospettive per tanti adulti.